La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24509 del 10 settembre 2021, esamina l’istituto dell’esdebitazione (ossia il beneficio del fallito in proprio di essere liberato dai debiti vantati dai creditori concorsuali non soddisfatti), evidenziando che i requisiti di cui al n. 5 e 6 dell’art. 142 L.F.  si pongono in rapporto di alternatività, pertanto, una volta ottenuta la riabilitazione per i reati di bancarotta fraudolenta o per delitti compiuti in connessione con l’esercizio dell’attività d’impresa, la domanda del fallito di esdebitazione non potrà essere rigettata valutando autonomamente le condotte per le quali il richiedente ha riportato la condanna.

“Se si aderisse all’interpretazione della corte territoriale, secondo la quale le due disposizioni in esame attengono a requisiti distinti e non sovrapponibili, e devono perciò sempre ricevere una lettura disgiunta, si perverrebbe al risultato irragionevole, se non paradossale, di rendere inutile l’inciso di cui al n. 6 “salvo che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione”: è infatti evidente che, poiché tutte le condotte materiali descritte al n. 5 rientrano astrattamente nella tipologia di reati elencati al successivo art. 142, n. 6 (si legga, in tal senso, anche la clausola di chiusura “e altri delitti compiuti in connessione con l’esercizio dell’attività d’impresa”), il fallito condannato per uno dei reati in questione, pur avendo ottenuto la riabilitazione, non potrebbe mai essere ammesso al beneficio se i medesimi fatti integranti la fattispecie delittuosa per la quale è stato a suo tempo imputato dovessero essere autonomamente valutati, quali condizioni ostative all’esdebitazione, ai sensi del n. 5 cit.. 3.3 Deve al contrario ritenersi, secondo un’interpretazione rispettosa della voluntas legis e che intenda pertanto conservare significato alla clausola di salvezza sopra menzionata, che le norme in esame si pongano fra loro in rapporto di alternatività, con la conseguenza che, una volta che sia intervenuta la riabilitazione, le condotte tipizzanti il reato per il quale il fallito ha riportato la condanna, non più preclusive dell’acceso al beneficio ai sensi del n. 6, non possono nuovamente essere tenute in considerazione, e condurre al rigetto della domanda, sotto il diverso profilo del n. 5.”

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