Con la sentenza n. 12478/2024, la Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo cui le reiterate violenze fisiche e morali, inflitte da un coniuge all’altro, sono motivo di addebito della separazione ed esonerano il giudice dal dovere di procedere alla comparazione con il comportamento del coniuge che le ha subite.
“Le reiterate violenze fisiche e morali inflitte da un coniuge all’altro, costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti la intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore di esse. Il loro accertamento esonera il giudice del merito dal dovere di procedere alla comparazione, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, col comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, trattandosi di atti che, in ragione della loro estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei (Cass., n. 31351/22, n. 3925/18). Tali principi, già affermati da questa corte, vanno in questa sede ulteriormente ribaditi ed enunciati, come criteri guida prevalenti nelle valutazioni relative alle controversie sull’addebitabilità della separazione personale tra coniugi. Nella specie, alla luce della citata consolidata giurisprudenza di questa Corte, cui il collegio intende dare continuità, l’affermato addebito della separazione è conforme ai principi e legittimato dal consumato reato di maltrattamenti da parte del ricorrente, nei confronti di B.B., condotta che non può trovare esimente nella ipotizzata (ed esclusa dal giudice di merito) violazione dell’obbligo di fedeltà realizzato anteriormente, non trattandosi di condotte bilanciabili, come motivato dalla Corte territoriale, per il prevalente ed assorbente disvalore della condotta violenta e prevaricatrice per quanto in ipotesi successiva rispetto alla ipotizzata violazione dell’obbligo di fedeltà”.