La Corte di Cassazione con Ordinanza n. 1607/2024, nell’ambito del risarcimento del danno da perdita di capacità lavorativa subita in conseguenza del sinistro, ha affermato che se il danneggiato dimostra di avere perduto un preesistente rapporto di lavoro a tempo indeterminato, a causa delle lesioni conseguite, deve essere risarcito per tale pregiudizio per la perdita dei redditi futuri. La liquidazione, dovrà necessariamente tenere conto di tutte le retribuzioni (e dei relativi accessori e probabili incrementi, anche pensionistici) che il danneggiato avrebbe potuto ragionevolmente conseguire in misura integrale e non in base alla sola percentuale di perdita della capacità lavorativa specifica.

Gli effetti del demansionamento, cioè l’adeguamento in peius del trattamento retributivo rientrano tra le conseguenze “dirette” dell’illecito, benché future (ma certe), e che, come tali, devono essere valutate ai fini della quantificazione del risarcimento del danno ai sensi degli artt. 1223 e 2056, c.c. In assenza delle conseguenze lesive riportate a causa dell’incidente stradale cagionato dall’illecita condotta altrui, infatti, il A.A. avrebbe con certezza proseguito nella sua attività lavorativa di macchinista e continuato a percepire la maggiore retribuzione corrispondente alla qualifica professionale per la quale era stato assunto. Se, dunque, il risarcimento in sede civile svolge una funzione tendenzialmente compensativa – riportando il patrimonio del danneggiato nella medesima curva di indifferenza in cui si sarebbe trovato in assenza delle conseguenze derivanti dall’ illecito – non si può non riconoscere, nel caso di specie, il diritto del A.A. alla differenza sussistente tra la retribuzione percepita quando ricopriva l’incarico di macchinista e la retribuzione percipienda in qualità di funzionario amministrativo. Ciò posto, affinché il principio di integralità del risarcimento possa dirsi effettivo, non si può non precisare come l’ampiezza della retribuzione media (dell’attività lavorativa precedentemente svolta) e che costituisce la base di calcolo per la determinazione del danno futuro da perdita – nel nostro caso, “riduzione” – della capacita lavorativa, deve essere tale da comprendere non solo la componente fissa della retribuzione, ma anche tutti i relativi accessori e i probabili aumenti retributivi (cfr. la citata Cass. n. 28071/2020). La determinazione del danno futuro, infatti, essendo un danno, si accertato in giudizio, ma che spiegherà i propri effetti lesivi in un secondo momento, non può che essere effettuata in via prognostica. Attraverso un giudizio ex ante, dunque, il giudice del merito deve riportarsi mentalmente nelle circostanze concrete in cui versava il A.A. prima dell’illecito per poter arrivare alla conclusione che, in assenza di esso, avrebbe continuato a percepire la retribuzione corrispondente non solo agli “elementi retributivi fissi”, ma anche alle “componenti accessorie“.

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