La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7961/2024, ha ritenuto che la revoca dell’assegnazione della casa familiare costituisce sopravvenienza valutabile ai fini dell’accertamento dei giustificati motivi per l’aumento dell’assegno divorzile.

La revoca dell’assegnazione dell’abitazione familiare costituisce una sopravvenienza sfavorevole per l’ex coniuge che ne sia stato assegnatario, la quale è suscettibile di essere valutata, ai fini della verifica dei presupposti per la revisione delle condizioni di divorzio ai sensi dell’art. 9, comma 1, L. n. 898 del 1970, tanto più quando si accompagna all’acquisto della disponibilità materiale della stessa da parte dell’altro ex coniuge che ne sia proprietario esclusivo. È vero, infatti, che la statuizione sull’assegnazione della casa familiare è posta nell’esclusivo interesse del figlio minorenne o maggiorenne ma non ancora autosufficiente economicamente. Tuttavia, a prescindere da tale indiscussa funzione, finalizzata a conservare l’habitat familiare dei figli, non può negarsi che detta assegnazione abbia dei riflessi economici, perché consente al genitore assegnatario di evitare la ricerca di una diversa abitazione che invece deve essere reperita dal genitore che non vive in prevalenza con i figli, anche se è il proprietario esclusivo o il comproprietario dell’abitazione stessa. Allo stesso modo, la revoca dell’assegnazione della casa familiare costituisce una modifica peggiorativa delle condizioni economiche del genitore che ne fruisce insieme ai figli e una sopravvenienza migliorativa per l’altro che ne sia il proprietario esclusivo, il quale, ad esempio, può andarvi ad abitare o concedere il bene in locazione a terzi o comunque impiegarlo in attività produttive, compiendo, in sintesi, attività suscettibili di valutazione economica che durante l’assegnazione all’altro genitore non erano consentite. Anche nel valutare l’adozione delle statuizioni conseguenti alla separazione personale tra i coniugi, questa Corte ha più volte attribuito rilievo all’assegnazione della casa familiare, ai fini della quantificazione dell’assegno di mantenimento in favore dei figli e del coniuge economicamente più debole, perché, pur essendo finalizzata alla tutela della prole e del suo interesse a permanere nell’ambiente domestico, indubbiamente tale assegnazione costituisce un’utilità suscettibile di apprezzamento economico, precisando che ciò avviene anche quando il coniuge assegnatario dell’immobile ne sia comproprietario, perché il godimento di tale bene non trova fondamento nella comproprietà dello stesso, ma nel provvedimento di assegnazione, opponibile anche ai terzi, che limita la facoltà dell’altro coniuge di disporre della propria quota e si traduce, per esso, in un pregiudizio economico valutabile (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 27599 del 21/09/2022; Cass., Sez. 1, n. 20858/2021; Cass., Sez. 6-1, n. 25420/2015; v. anche Cass., Sez. 1, n. 4203/2006, ove è precisato che il godimento della casa familiare costituisce un valore economico, del quale il giudice deve tener conto ai fini della determinazione dell’assegno dovuto all’altro coniuge per il suo mantenimento o per quello dei figli, che di regola corrisponde al canone ricavabile dalla locazione dell’immobile). Come sopra evidenziato, le sopravvenienze possono divenire giustificati motivi di revisione o revoca dell’assegno divorzile, secondo i criteri forniti dall’art. 5, comma 6, L. n. 898 del 1970, dovendosi pertanto tenere conto “delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi” e tutti i suddetti elementi vanno valutati “anche in rapporto alla durata del matrimonio”. In tale quadro la disponibilità dell’abitazione della casa familiare, come pure la perdita della stessa, costituiscono circostanze suscettibili essere valutate perché connotano le condizioni di vita della persona anche se non si trasformano in vero e proprio reddito o non incidono sul suo patrimonio, costituendo comunque un vantaggio suscettibile di assumere volta per volta connotazione economica. Nel caso di specie, alla perdita del vantaggio derivante dall’assegnazione della casa familiare si è affiancato il vantaggio dell’acquisto della disponibilità del bene da parte dell’ex coniuge proprietario esclusivo, circostanza correttamente considerata dal giudice di merito, insieme all’altro elemento sopra riportato, quale causa dell’aggravamento del divario economico già esistente tra i coniugi.

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