La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 847/2020, esamina compiutamente i casi in cui il committente può essere chiamato a rispondere per le violazioni commesse nella gestione dei rifiuti prodotti dall’appaltatore. La Suprema Corte identifica tre ipotesi, illustrando per ognuna la responsabilità penale del committente, che è esclusa solo nel caso in cui l’appaltante non abbia alcuna ingerenza della gestione dei rifiuti prodotti materialmente dall’appaltatore, sempre che non vengano depositati in un’area nella sua disponibilità.

Al fine di esaminare compiutamente il caso in esame, è opportuno poi considerare anche l’ipotesi in cui, nell’ambito di un contratto di appalto per la realizzazione di un’opera, l’appaltatore realizzi il reato di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 3. Si constata, innanzitutto, l’assenza di una fonte legale o contrattuale che preveda espressamente un dovere del committente di garantire il rispetto della norma in materia rifiuti da parte di colui che materialmente li origina (appaltatore). Tuttavia il committente é personalmente responsabile qualora abbia concorso, a vario titolo, nell’illecita gestione dei rifiuti.

E’ possibile distinguere tre ipotesi: 1) I rifiuti prodotti dall’appaltatore vengono depositati temporaneamente all’interno di un’area messa a disposizione dal committente/proprietario, che ne cede la completa disponibilità e quindi la custodia ex articolo 2051 c.c. all’appaltatore; 2) Il committente mantiene il controllo dei lavori, e dunque anche della gestione dei rifiuti prodotti (trasporto, recupero e smaltimento degli stessi); 3) Il committente non ha alcuna ingerenza della gestione dei rifiuti prodotti materialmente dall’appaltatore ed i rifiuti non vengono depositati in un’area nella sua disponibilità.

Nella prima ipotesi, il proprietario/committente dell’opera cede la completa disponibilita’ dell’area all’appaltatore, nonche’ la custodia della stessa, con conseguente assenza di un obbligo giuridico di verificare la corretta gestione dei rifiuti o verificare le modalita’ e la tempistica di deposito. Tuttavia, e’ possibile affermare che risponde del reato di discarica abusiva il proprietario dell’area ove i rifiuti sono posti da terzi previo accordo con il primo ed al fine di collocarli definitivamente sul posto (anche ove utilizzati per la realizzazione di opere sul terreno medesimo) configurando tale condotta una diretta partecipazione al reato (Cass. Sez. 3, 8 ottobre 2015, n. 45145).

Nella seconda ipotesi, l’appaltatore e’ mero esecutore dell’opera commissionata dal committente, sotto la cui supervisione gestira’ anche i rifiuti materialmente prodotti. Il committente diviene pertanto “produttore giuridico” dei rifiuti, mantenendo cosi’ la posizione di garanzia ex articolo 40 c.p. Tale gestione, ovviamente, potra’ anche essere “condivisa”, con conseguente applicabilita’ dell’articolo 110 c.p. Non applicabile e’ pertanto quella giurisprudenza che esclude la posizione di garanzia da parte del committente con riferimento all’attivita’ di smaltimento di rifiuti realizzata dall’appaltatore, la quale, comunque, fa salva l’ipotesi di un diretto concorso nella commissione del reato. (Cass., Sez. 3, 25 maggio 2011, n. 25041).

Nella terza ipotesi, il committente dell’opera, dalla cui realizzazione derivano rifiuti prodotti all’appaltatore, non intervenendo in alcun modo nella gestione dei rifiuti, lascia autonomia organizzativa e gestionale all’appaltatore, sicche’ non puo’ assumere una posizione di garanzia al riguardo.

 

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