Con la sentenza n. 1148/2024 la Corte di Cassazione ha stabilito che una stima errata sulle prospettive di esigibilità di un credito, il mancato ricorso ad una sua tempestiva svalutazione e al suo tentativo di recupero, non sono elementi sufficienti per ritenere sussistente il reato di “falso in bilancio”.
“Ma che la stima sia stata fallace e, quindi, scientificamente errata, non significa che sia stata anche falsa. La possibilità di applicare i criteri di veridicità o di falsità ad un enunciato valutativo dipende non solo dall’esistenza di criteri di valutazione generalmente accettati, ma anche dal loro grado di specificità e di elasticità (Sez. 5, n. 3552 del 09/02/1999, Rv. 213366). Il principio, per come è formulato, non individua criteri predeterminati, certi e analitici alla luce dei quali determinare tale valore, ma rimanda ad un generale criterio di “ragionevolezza”, alla luce di quali individuare, in ragione delle contingenze specifiche, le effettive prospettive di esigibilità. Si tratta, quindi, di una norma (volutamente) elastica, in quanto volta a ricomprendere ipotesi concrete insuscettibili di essere inquadrate all’interno di rigide classificazioni o predeterminate casistiche. Nessun ulteriore contributo viene offerto né dalle successive formulazioni del principio, nella sua attuale enunciazione in vigore dal 2016, dove, pur individuandosi alcuni ” indicatori” dai quali desumere la “probabilità” che un credito abbia perso valore (le significative difficoltà finanziarie del debitore; eventuali violazioni contrattuali o difficoltà finanziaria del debitore; eventuali procedure di ristrutturazione finanziaria o, comunque, una diminuzione sensibile nei futuri flussi finanziari stimati; condizioni economiche nazionali o locali sfavorevoli o cambiamenti sfavorevoli nelle condizioni economiche del settore economico di appartenenza del debitore), si continua a parlare di “previsioni di perdita”, già manifestatesi oppure “ritenute probabili”; né dai principi contabili internazionali, dove per i crediti (appartenenti alla categoria dei Loans and Receivable) viene dettato lo IAS 39, che, senza neanche prevedere la necessità dello stanziamento di un fondo svalutazione crediti in caso di perdite, si limita ad imporre una Initial Recognition a fair value inclusivo dei costi di transazione direttamente imputabili e una valutazione successiva secondo il criterio del costo ammortizzato con impairment loss, all’interno del quale valutare la solvibilità del debitore … Ebbene, proprio alla luce di tale evidenziata elasticità e della genericità della valutazione presupposta nell’applicazione di questo criterio, la semplice indicazione della (pacifica) assenza di tentativi di recupero e del tempo medio d’ incasso progressivamente crescente non appare elemento sufficiente per sostanziare il giudizio di falsità: sarebbe stato necessario indicare gli eventuali criteri di valutazione ritenuti applicabili e rilevanti (alla luce della situazione concreta), specificando, poi, in che modo l’omissione di questi ultimi abbia concretamente inciso sulla determinazione del valore”.