La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 409 del 5 gennaio 2024, ha affermato che in caso di diffusione di messaggi lesivi della reputazione pubblicati, quando l’offeso non era collegato, in una chat di gruppo di un social network, è configurabile il reato diffamazione e non quello di ingiuria.

La chat utilizzata per la comunicazione delle espressioni offensive consentiva lo svolgersi della conversazione anche non in tempo reale, come chiaramente indicato dalla persona offesa e dal testimone … Ha quindi evidenziato che, come si trae dalle stampe delle conversazioni, si desume che al momento della messa in circolazione su chat delle frasi incriminate la persona offesa non era presente, tant’è che replicò intervenendo sulla chat a distanza di oltre venti minuti. Su queste premesse di fatto, rispetto alle quali i rilievi di ricorso mirano ad accreditare una diversa, inaccettabile, lettura delle risultanze di prova, la conclusione in punto di qualificazione è ineccepibile, dal momento che integra il delitto di diffamazione, e non la fattispecie depenalizzata di ingiuria aggravata dalla presenza di più persone, l’invio di messaggi contenenti espressioni offensive nei confronti della persona offesa su una “chat” condivisa anche da altri soggetti, nel caso in cui la prima non li abbia percepiti nell’immediatezza, in quanto non collegata al momento del loro recapito

Utilizziamo i cookie, inclusi cookie di terzi, per consentire il funzionamento del sito, per ragioni statistiche e per personalizzare la sua esperienza. Può accettare questi cookie cliccando su "Accetto", o cliccare qui per impostare le sue preferenze.

maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi